sabato 24 aprile 2010

E adesso.

E adesso che sta passando il 25 aprile e anche stavolta è stato detto ciò che per decenni è stato detto e fatto ciò che per decenni è stato fatto, sarebbe bello parlare della resistenza in un altro modo, fuori dalla retorica, un po’ più semplici, lontani da celebrazioni in cui i protagonisti sono sempre più in disparte, in balia di vecchi riti che sulle rive di un fiume tentano di raccontare ciò che scorre fra le sponde come fosse immutabile, senza accorgersi che fra le onde niente si ripete.
Purtroppo alla resistenza non abbiamo neanche dato la possibilità di essere storia. L’abbiamo trasformata in tifo, lo stesso verso del vincere o del perdere come valore a prescindere, che un po’ più in basso sta distruggendo il calcio.
Eppure il passato, i fatti, è giusto appartengano alla storia, una complessità in cui tutto non è bianco come tutto non è nero. Lasciamola alla storia la disputa sulle azioni, sicuri che la resistenza, quella vera, non ci perderà, anzi...
Ciò che sarebbe giusto rendere vivo è ciò che è immutabile. I sentimenti dell’uomo, comprensibili anche a quelli che quando sentono parlare di partigiani li collocano nello stesso tempo noioso dei Giulio Cesare o Cristoforo Colombo. Insomma, se smettessimo di presentare il 25 aprile come un colore ma lo eleggessimo a valore eterno, allora sì che sarebbe vivo.
Il derby fra “La canzone del Piave” e “Bella Ciao” è stato il must del 2010. Beh, se cercassimo la “sostanza” e almeno per una volta guardassimo i contenuti e non i contenitori, non staremmo a far gazzarre e, a quella che potrebbe essere una provocazione, risponderemmo sì, ok, suoniamolo pure “Il piave mormorava”, ma raccontiamola giusta quella guerra.
Perché se stiamo al sentimento del resistere, ci accorgeremmo che i 650.000 contadini, operai, studenti massacrati contro i fili spinati della grande guerra sono stati i primi partigiani, se con “partigiani” indichiamo coloro che, al di là della paura, del rischio, della convenienza e della difesa della propria vita fanno quello che ritengono giusto e si sacrificano per questo.
Consiglio, a chi volesse andare al di là dei “processi del lunedì” della politica, di leggersi Emilio Lussu, che con la brigata Sassari era sul Piave, poi fu antifascista, fra i fondatori di Giustizia e Libertà, fece la resistenza e fu uno dei “padri” della nostra Costituzione.
Leggere “Un anno sull’Altipiano”, o “Marcia su roma e dintorni", che giuro sono leggeri e divertenti molto più di un libro di Cassano, è farsi un bel percorso nella verità e nella giustizia.
Come magari riscoprire la “leggerezza” de "Il partigiano Johnny" di Fenoglio (questo è un po’ più tosto), che resiste semplicemente perché è naturale farlo, non per una idea perfetta, o i piccoli maestri di Meneghello (un veneto, già) per tornare sull’Altipiano di Lussu quarant’anni dopo, a respirare, in un certo senso, la stessa disponibilità al sacrificio che aleggia da sempre là sopra.
Leggiamolo ‘sto percorso in un’Italia vera, conosciamo i Santini che escono dalla trincea a morire per un ordine assurdo, gli Ottolenghi che volevano sparare ai generali piuttosto che agli austriaci, gli Avellini che credevano alla patria come quarant’anni dopo si crederà alla giustizia.
Scopriamo l’Italia che si sacrificava nella stessa misura di quarant’anni dopo, quando seppe dire di no perché era giusto dirlo, e che aveva capito che rischiare la vita per ciò che si ritiene giusto è molto più che sopravvivere ad ogni costo.
Loro magari volevano provocarci con il Piave? Beh, impariamo a scattargli in faccia, come si dice nel ciclismo o a vincere alzando la posta, come si dice nel poker... Se c’è una cosa di cui possiamo andare orgogliosi, al di là del luogo comune che ci descrive, è che gli italiani prima di fare quello che altri indicano come dovere, ogni volta hanno il sentimento di chiedersi se è giusto.
Se comprendiamo questo della nostra storia, non staremmo a fare gazzarre e ancora peggio, retorica come se fossero il “senso”, ma spereremmo che il sangue degli italiani “passati”, dentro di noi, da qualche parte fra le parole, le parole, le parole e il nulla, ancora ci sia.

7 commenti:

  1. C'e' una cosa che non viene raccontata nei libri di Storia, almeno in quelli scolastici. La prima é che molto probabilmente la disfatta di Caporetto fu voluta, almeno dai soldati, appunto stufi di morire a migliaia per guadagnare 100 m. La seconda é che l'attraversata del Piave fu dovuta grazie all'intervento delle divisioni francesi ed inglesi che vennero in aiuto degli italiani. Per questo l'Italia la prima guerra mondiale LA PERSE e fu trattata come fu trattata nei successivi trattati di pace, appunto da PERDENTE.

    Nazario

    RispondiElimina
  2. Nazario. Caporetto non fu voluta dai soldati. Caporetto fu causata innanzitutto da una disposizione difensiva assolutamente confusa, fra generali incapaci (anche un certo Badoglio) che sognavano la trappola ai nemici, burocratismo che impedì alle artiglierie di sparare (le comunicazioni non funzionarono) e non ultimo una tattica offensiva inedita (l'infiltramento di piccoli reparti).
    Il fatto che i soldati si ribellarono al momento dell'assalto è falso, anzi messo in giro (come il bollettino di Cadorna subito dopo ls rotta) proprio per coprire le colpe di chi comandava.
    Ci fu qualche insubordinazione dopo lo sfondamento, e qui probabilmente contò lo spirito di liberazione dopo le stragi subite.
    I soldati appena furono in condizione, resistettero, tanto che il Piave fu opera degli italiani. Le truppe inglesi e francesi che intervennero stettero dalla parti del lago di Garda e scesero in campo solo ad arresto avvenuto. Andare al piave sarebbe stato uno spreco di energie, erano pronte a resitere eventualmente sulle alpi
    Questa è la storia, il che non vuol dire che l'Italia sia una nazione guerriera od altro, perchè per fortuna siamo lontani da questi ragionamenti. Ci fu un popolo massacrato, ma che fece sempre quello che ritenevano un dovere...
    claudio

    RispondiElimina
  3. Claudio. Quella dei soldati la lessi in un articolo dove si avanzava tale ipotesi, non del tutto peregrina a dire la veritá, e non per coprire le colpe di chi comandava, ma per sottolinearle. E dell'intervento francese e inglese l'ho saputo dai libri di Montanelli, ma documentazione attuale e disponibile al momento sul web http://www.ilpiave.it/modules.php?name=News&file=article&sid=960

    Quindi c'erano almeno due armate, la X inglese e la III italiana. Nulla toglie alla tua ultima frase "Ci fu un popolo massacrato, ma che fece sempre quello che ritenevano un dovere".
    Quello che volevo dire é che fanno passare il 24 maggio come un'azione di riconquista, ma de che?? L'Italia dichiaro' guerra all'Austria e non viceversa. L'Italia fece massacrare piu' di 600000 suoi giovani, per cosa??? E abbiamo il coraggio di dire, di insegnare che la prima guerra mondiale é stata vinta ed é stata una pagina eroica?

    RispondiElimina
  4. Nel mio ridotto articolo dal titolo Non è 25 aprile senza Bella Ciao, non era sicuramente intenzione difendere una parte a discapito di altre.
    Io credo che tutti gli italiani che sono morti in guerra sono morti per una guerra che non hanno voluto loro. Così come oggi per tutti i morti che difendo la propria patria in guerre non volute da loro.
    La Storia è una sola e si ripete sempre, ci sono stante tante guerre e ce ne sono ancora tante. La guerra non dovrebbe esistere.

    RispondiElimina
  5. C'è un leggere la storia con il tifo che fa diventare la storia troppo diversa dalla realtà, fino ad annullarla. E peggiofino a fare il gioco di quelli che vogliono mischiare i buoni con i cattivi, che tanto è passato tanto tempo...
    Davvero, le analisi storiche su Caporetto dicono quello che sostengo, come il posizionamento dele armate inviate dopo la rotta. Dire che gli italiani, i piccoli italiani, fecero il loro dovere, non riduce le responsabilità dei comadi, anzi...
    Sul massacro degli innocenti sono pienamente d'accordo, ma è assolutamente inutile tradire dicendo che fummo salvati dagli inglesi, mi sembra un po' il discorso di quelli che dicono nel 45, senza gli americani...
    Gli inglesi, allora, nell'arresto fecero niente, e anche dopo, tennero aree ridotte, quando Varedofutura andrà in gita sull'altipiano chi ci sarà vedrà il fronte degli italiani e quello degli alleati.
    Non c'è 25 aprile senza bellaciao, ma non deve esserci neanche un 25 aprile senza 25 aprile, e lo stiamo perdendo, davvero, se non lo ampliamo a esperienza autentica e non a cosa di parte. Se smettaimo di dire chi non può parlare e ci interroghiamo invece su quello che dobbiamo dire a chi adesso non si interessa, e in che modo.
    Io amo il 25 aprile (ho visto il blog, approvo) per quello che potrà dare, non solo per quello che ha dato...
    Amo chi ha dato, ma è un po' come dire, odio la guerra perchè amo chi l'ha combattuta sua malgrado. Per la grande guerra, se a qualcuno interessa, consiglio il sito cimeetrincee. Sono amici, non sicuramente reazionari e militaristi, anzi, che comunque amano la memoria dei piccoli uomini di allora, 1.200.000 morti, perchè nelle vittime innocenti, come nel sacrificio, non è più uso divedere fra italiani ed austriaci...
    Claudio

    RispondiElimina
  6. Grazie Claudio per il sito di cimeetrincee. Nazario

    RispondiElimina
  7. Di nulla Naz
    Ciao
    Claudio

    RispondiElimina